Moore: «Obama arresti qualcuno a Wall Street»

set 18, 2011 0 comments
Di Angela Vitaliano
La ricetta di Michael Moore per risollevare le sorti elettorali di Barack Obama è decisamente forcaiola: «Il presidente dovrebbe [...] far arrestare qualcuno a Wall Street. Qualcuno laggiù meriterebbe proprio di essere mostrato in manette come avviene con altri criminali». Intercettato da Linkiesta durante la presentazione del suo ultimo libro, il regista di Bowling a Columbine sull'Italia è invece ottimista: «sono certo che in qualche modo ne verrete fuori e riuscirete a sistemare tutto».

NEW YORK - «È difficile dire qualcosa su quello che sta accadendo in Italia, troppo difficile esprimere un concetto esaustivo in poco tempo». Si ferma, ci pensa, tentenna, Michael Moore di fronte alla mia domanda, mentre prova a trovare una risposta che abbia un che di definitivo. Ma non lo trova. «Posso, però dire che sono molto dispiaciuto per il tuo Paese e che sono certo che in qualche modo ne verrete fuori e riuscirete a sistemare tutto». Ti dà l’idea di essere sincero Michael Moore mentre con la faccia seria prova a darti una risposta rassicurante o magari comica, su una situazione, quella dell’Italia, che di comico ha ben poco.
E, soprattutto, non si sottrae al tentativo anche se lui a New York e’ venuto per parlare d’altro. D’America, prima di tutto. E delle prossime elezioni, ovviamente e di Barack Obama.
A dare il via al suo tour, che lo sta portando in molte città americane, è l’uscita del suo ultimo libro “Here comes trouble”, raccolta di brevi storie che ripercorrono, “alla sua maniera”, i momenti essenziali della sua vita come quando, alle scuole elementari, divenne il direttore del primo giornaletto underground. «Ciò di cui bisogna rendersi conto – dice Moore – è che oggi la maggioranza degli americani condivide le cose che penso anche io: sono contrari alle guerre in atto, sono a favore dell’aborto e sono assolutamente a favore dei matrimoni gay. L’unica questione su cui la maggioranza degli americani, probabilmente concorda con i repubblicani è l’appoggio ancora forte alla pena di morte». Come mai allora l’America sembra improvvisamente un paese super conservatore, sempre più ripiegato sulle posizioni del Tea Party? «Il Tea Party è una specie di Titanic per il Paese, se gli lasciamo prendere il largo, affonda – spiega Moore – il problema è che i democratici sono sempre più “timidi”, timorosi e esasperatamente cauti». «Quando Obama ha vinto – continua - i democratici controllavano tutto il Congresso e hanno perso un’ occasione storica di realizzare i cambiamenti importanti di cui il Paese aveva bisogno».
Colpa di Obama? «Il problema non è – spiega il regista – che i Repubblicani non condividono le proposte o la politica del presidente. Il problema è che per loro lui è un “uomo invisibile” come la maggior parte fra coloro che hanno il suo stesso colore di pelle. Ciò che arriva dal presidente lo rifiutano a priori, come un modo per sminuirne il ruolo e il potere». Deluso da Obama? «Certo c’è molta frustrazione in giro, nessuno può negarlo – dice Moore – e il presidente dovrebbe finalmente fare qualcosa per far vedere di avere coraggio, come far arrestare qualcuno a Wall Street. Qualcuno laggiù meriterebbe proprio di essere mostrato in manette come avviene con altri criminali».
In caso contrario, tuttavia, il regista non minaccia certo di votare per i Repubblicani. «Noi rappresentiamo la base degli elettori, quelli che non cambiano il proprio voto da un’elezione all’altra – spiega Moore – la prossima volta, tuttavia, se il presidente non fa sentire di nuovo la sua leadership, non ci impegneremo come l’ultima volta e ciascuno di noi andrà a votare da solo senza lavorare per ottenere quella straordinaria partecipazione che si ebbe l’ultima volta». Non e’ solo Obama, tuttavia, che puo’ determinare il cambiamento nel Paese. Per riuscirci serve l’apporto di tutti. «È necessario che si compia un rinnovamento all’interno del Congresso e di altre istituzioni – ha chiarito Moore – affinché nuove forze, liberali e progressiste possano far sentire la propria voce in maniera più forte e per riuscirci è necessario che nuovi cittadini accettino la sfida di entrare in politica». 

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