Viaggio in una città in cui sono arrivati i liberatori ma non la libertà e dove troppe cose ricordano un passato che non passa
Di Cristiano TinazziOgni quartiere fa storia a sé. A Souk el Jumma il comandante militare della brigata ha in mano anche l'aeroporto di Mitiqa. Tutta l'area da qui fino a Fashloum, a ovest, e fino a Tajoura, a est, è sotto il suo comando. Ma è come se fosse il comandante di tutti i ribelli di Tripoli. Perché è Souk el Jumma il quartiere da cui è partito tutto ed è qui che fanno base i combattenti provenienti da Misurata. Qui sono felici. E i tanti che hanno subito il carcere, le torture e le privazioni ora possono sorridere. Ma quanti comandanti ci sono a Tripoli? Quanti dettano legge nel loro territorio? Chi si è reso responsabile di crimini orrendi come il massacro nell'ospedale di Abu Slim dove decine e decine di corpi di soldati lealisti sono stati presumibimente giustiziati? Ogni giorno è buono per trovare altri morti, come quelli dietro la sede della Brigata Khamis. Questa volta un massacro a opera dei lealisti.
È lo stesso popolo, la stessa gente, non ci sono buoni e cattivi, le colpe stanno da una parte e della parte, sfumate. A pochi giorni dalla presa di Bab el Azizia, ormai presidiata da pochi fedelissimi, sono arrivati gli uomini di Bengasi e gli espatriati. Le stesse facce viste prima nel governo di Tripoli, gli stessi modi di fare, la stessa arroganza. Il nuovo responsabile dei media parla come Mussa Ibrahim, il portavoce della Jamahiriya di Gheddafi in questi ultimi sei mesi. Il lavoro sporco, quello della guerra sul terreno, l'hanno fatto tanti ragazzi che armi alla mano si sono lanciati contro i loro oppressori. Anche minorenni. Perché in questo conflitto non c'è stato spazio per salvaguardare nessun diritto, nemmeno quello dei più deboli. I ragazzi di Tripoli sono scesi in strada anche con le fiocine, perché non avevano altro per combattere. Tocca a loro, adesso, alle nuove generazioni, fare in modo che tutto il sangue sparso in questa guerra civile non sia stato versato invano. A noi non resta che chiederci se le Nazioni Unite abbiano ancora un senso e un peso di fronte alla tracotanza di chi comanda con la forza. Dall'alto dei cieli la Nato ha violato la risoluzione Onu e ha mentito sulla realtà della sua missione che era quella di proteggere i civili, non di supportare una delle due parti in lotta. Ma ormai, a giochi fatti, nessuno osa scommettere sul futuro e sulla stabilità del paese. Tripoli è libera per molti, caduta per altri, ma la guerra continua e in Libia non c'è pace.
Da Peace Reporter
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione