Di Marina Forti
Assomiglia sempre più a una piccola guerra civile il conflitto per la terra nel Bajo Aguan, distretto rurale nel dipartimento di Colón, nella regione atlantica dell'Honduras. Gli ultimi sviluppi sono della settimana scorsa: il 22 agosto un dirigente contadino e sua moglie, Pedro Salgado e Reina Mejìa, sono stati uccisi in casa propria a La Concepción. Salgado era il vicepresidente del Movimento unificato dei contadini del Aguan (Muca), sindacato rurale che si batte per la riforma agraria. Due giorni prima, il 20 agosto, era stato ucciso un altro leader contadino: Secundino Ruiz è stato sparato da uomini armati sopraggiunti in moto, ed è morto all'istante. Ruiz, presidente della Cooperativa San Isidro, era appena uscito da una banca nella cittadina di Tocoa insieme al tesoriere della cooperativa; avevano prelevato l'equivalente di 10mila dollari, i salari che dovevano distribuire. La polizia ha così rubricato l'omicidio come tentativo di rapina, ma pochi ci credono. Infatti la San Isidro, con altre tre cooperative del «Movimiento autentico reivindicator de campesinos del Aguan» (Marca, di cui Secundino Ruiz era il presidente), di recente aveva occupato 471 ettari di terre. Ed è anche protagonista di un'annosa battaglia legale, avviata nel 1994, contro Miguel Facussé Barjum, grande latifondista della zona e padrone della holding Dinant, che ha investito in grandi piantagioni di palma da olio.
Ancora cronaca di questa quasi-guerra civile: il 14 agosto 11 contadini sono stati uccisi da guardie di sicurezza del medesimo Miguel Facussé (è «normale» qui che un grande proprietario terriero abbia le sue guardie armate, quasi un piccolo esercito privato). Lo stesso giorno altre 14 persone erano state uccise in un villaggio, Rigores, circondato da proprietà dello stesso Facussé il quale vuole comprare quei terreni. E un paio di mesi fa ha bruciato le case di 114 famiglie che rivendicavano le terre che coltivano da 12 anni: due anni fa stavano per ottenere il titolo formale, appena prima che il presidente Manuel Zelaya fosse deposto.
E' da una ventina d'anni che Facussé - come altri latifondisti «minori» - sono al centro di un conflitto con i piccoli contadini della regione. Negli anni '90 infatti lo stato honduregno ha cominciato ad assegnare ottime terre coltivabili, in virtù di una «legge di modernizzazione e sviluppo agricolo», a grandi imprenditori agricoli - sottraendole però ai piccoli contadini a cui erano state distribuite con le riforme agrarie negli anni '60 e '70. Via via che i latifondi si espandevano le famiglie contadine venivano cacciate; i ricorsi legali come quello della cooperativa San Isidro sono stati vani. Nell'ultimo decennio però i reclami si sono moltiplicati. Sono cominciate le proteste e le occupazioni di terre. Finché nel 2008 (era presidente Manuel Zelaya Rosales) il parlamento ha approvato una legge di riforma agraria, e nel 2009 il sindacato contadino Muca ha negoziato con il governo e le altre parti sociali - i grandi proprietari, e il governatore del dipartimento di Colón - che le assegnazioni di terre demaniali fatte negli anni '90 sarebbero state esaminate una ad una, e i piccoli contadini avrebbero ottenuto un titolo sulle terre che coltivavano.
Inutile dire che deposto Zelaya, di quell'accordo non si fece più nulla. Né di un accordo rinegoziato con il presidente Porfirio Lobos, lui stesso un proprietario terriero, per redistribuire 6.000 ettari nel Bajo Aguan: la distribuzione delle terre non è avvenuta. Anzi: nel gennaio di quest'anno la Corte suprema dell'Honduras ha decretato che la riforma agraria del 2008 è «incostituzionale», rispondendo a un esposto della «Federazione nazionale degli agricoltori e rancheros» dell'Honduras, Fenagh, la «confindustria» dei grandi latifondisti («Non vogliamo che lo stato dia l'uso di terre pubbliche gratis: se i contadini la vogliono, la paghino», spiegava il vicepresidente del parlamento, Marvin Ponce, a un giornalista del magazine americano In These Times).
Da il Manifesto
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