Di Elisabetta Guidobaldi, giornalista ANSA
L’Africa “brucia” sotto i colpi violenti della siccità. Nel Corno d’Africa la carestia riguarda 12 milioni di persone e, di queste, quasi 4 milioni si trovano in Somalia, il paese più colpito. È l’ultima emergenza mondiale che dopo mesi e mesi di sofferenze patite dalle popolazioni, soprattutto bambini, è arrivata sul tavolo dei vertici delle grandi organizzazioni mondiali. Dall’altra parte del mondo, quello occidentale, alle prese, è vero, con una delle più gravi crisi economiche, si continua a consumare. E, in questo lavorìo quotidiano, le città sono quelle che “mangiano” più risorse. I grandi centri urbani, infatti, il tema di questo numero, costituiscono, anche in Italia, i “buchi neri” che inghiottono enormi quantità di energia senza contare la questione rifiuti sempre in primo piano. Ma esiste, nel nostro Paese, un universo che si distacca da questo luogo comune degli agglomerati “pigliatutto”: sono i piccoli comuni dove alberga la tradizione, il made in Italy ma, soprattutto, dove le nuove tecnologie che fanno bene all’ambiente, sono ormai parte integrante della vita di tutti i giorni. E così i comuni più piccoli vincono in tema di rinnovabili, differenziata e architettura sostenibile ed efficiente.
Piccole “perle” in un panorama mondiale dove le scure ombre ambientali fanno danni globali.
Così è per il Corno d’Africa che apre scenari cupi e devastanti per i popoli e i territori. Le regioni aride e semi-aride del Pianeta, come riferiva Legambiente già qualche anno fa, quindi in tempi non sospetti, infatti, rappresentano quasi il 40% della superficie terrestre e ospitano circa 2 miliardi di persone e le perdite economiche globali dovute alla desertificazione ammontano a circa 42 miliardi di dollari annui. Secondo l’Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite, a causa dell’espansione dei deserti, in Africa sono sfollate più di 10 milioni di persone negli ultimi 20 anni. E questo lo diceva nel 2006. Tornando a epoche più recenti la situazione è andata peggiorando. Nel 2010 sono stati 40 milioni i “profughi” costretti a lasciare le proprie terre a causa dei cambiamenti climatici nel mondo e nel 2008 ben 20 milioni di persone sono state costrette a spostarsi temporaneamente o definitivamente in seguito ad alluvioni, desertificazione e fenomeni atmosferici estremi, contro i 4,6 milioni di profughi creati da guerre e violenze. Secondo l’alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, entro il 2050 si arriverà a 200-250 milioni di rifugiati ambientali con una media di 6 milioni di persone all’anno.
E le città sono in prima linea in queste emergenze.
I centri urbani, infatti, pur occupando solo il 2% della superficie del pianeta, sono responsabili di circa l’80% delle emissioni di Co2, poiché, come dimostrano i dati 2009 della Population Division del Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite, oltre la metà della popolazione umana vive in aree urbane: 3,4 miliardi di individui che potranno arrivare a 6,3 miliardi nel 2050.
In Italia il quadro non è molto diverso. Su una superficie pari al 3,3% del totale nazionale, infatti, risiede il 23,4% della popolazione.
Le città e gli agglomerati urbani rappresentano quindi, secondo l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) “il driver dello sviluppo economico”, ma questa crescita è spesso associata ad un eccessivo sfruttamento delle risorse e dell’ambiente, a degrado e congestione.
Puntando la lente di ingrandimento quindi sulla realtà delle nostre amministrazioni, secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), le città italiane hanno sempre meno verde pubblico e ogni giorno la sottrazione di suolo equivale a 100 ettari in meno. Nel 50% delle città italiane le aree verdi non superano il 5%. Soltanto in 8 città - spiega il report - il “verde” cittadino supera il 20%. Palermo è il comune con la maggiore “copertura” arborea (31,9%), seguito da Ravenna (29,9%), Ancona (28,1%) e Roma (27,5%). Tra le buone notizie il calo, nel 2009, del consumo di acqua pro-capite con punte virtuose a Prato (46 metri cubi/abitante), a Sassari (46,8), e Foggia (48,1). Sul versante traffico, va segnalata la diminuzione dei veicoli soprattutto al nord (a Milano meno 2,9 e a Roma meno 5,2%). Ma l’Italia sul fronte della mobilità sostenibile, è ancora molto lontana dal nord Europa. Per il fronte climatico, in calo le emissioni in atmosfera, scende la media di precipitazioni ma aumento in modo generalizzato la temperatura anche di un grado, per esempio, a Vicenza, Padova e Cagliari. Le città della Pianura Padana soffrono di mal d’aria per l’alto inquinamento atmosferico. Rimane alta anche l’attenzione per la produzione di rifiuti. Infine, anche il turismo è un fattore importante di pressione sull’ambiente dal momento che il numero di esercizi ricettivi (tra il 2006 e il 2009) nelle maggiori città è aumentato del 40%, ma soltanto dell’8% a livello nazionale.
Dall’altra parte, però, da registrare l’impegno emergente per l’obiettivo sostenibilità. E lo dimostrano i numeri.
In Italia, secondo l’ultimo rapporto di Legambiente sui comuni rinnovabili, ci sono oltre 200.000 impianti sparsi in 7.661 comuni, pari al 94% delle amministrazioni nel cui territorio sono presenti fonti “pulite”. Di questi, quasi 1.000 (964) riescono a essere autosufficienti per una produzione maggiore di energia elettrica rispetto a quanta ne viene consumata e 27 quelli che superano il proprio fabbisogno termico. Sul fronte rifiuti, secondo i dati dei comuni ricicloni, nei grandi centri è ancora bassa la percentuale di chi gestisce in maniera virtuosa l’immondizia urbana. In tutto sono 1.289 i comuni che possono fregiarsi del titolo di “ricicloni” 2011 per aver superato il 60% di raccolta differenziata.
Le città, ma soprattutto i piccoli comuni, sono in marcia, dunque. Il cammino però è lungo. Le buone pratiche attuate sia per l’energia che per i rifiuti dimostrano comunque che l’obiettivo sostenibilità è perseguibile e concretamente attuabile.
Da Eco-news
Piccole “perle” in un panorama mondiale dove le scure ombre ambientali fanno danni globali.
Così è per il Corno d’Africa che apre scenari cupi e devastanti per i popoli e i territori. Le regioni aride e semi-aride del Pianeta, come riferiva Legambiente già qualche anno fa, quindi in tempi non sospetti, infatti, rappresentano quasi il 40% della superficie terrestre e ospitano circa 2 miliardi di persone e le perdite economiche globali dovute alla desertificazione ammontano a circa 42 miliardi di dollari annui. Secondo l’Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite, a causa dell’espansione dei deserti, in Africa sono sfollate più di 10 milioni di persone negli ultimi 20 anni. E questo lo diceva nel 2006. Tornando a epoche più recenti la situazione è andata peggiorando. Nel 2010 sono stati 40 milioni i “profughi” costretti a lasciare le proprie terre a causa dei cambiamenti climatici nel mondo e nel 2008 ben 20 milioni di persone sono state costrette a spostarsi temporaneamente o definitivamente in seguito ad alluvioni, desertificazione e fenomeni atmosferici estremi, contro i 4,6 milioni di profughi creati da guerre e violenze. Secondo l’alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, entro il 2050 si arriverà a 200-250 milioni di rifugiati ambientali con una media di 6 milioni di persone all’anno.
E le città sono in prima linea in queste emergenze.
I centri urbani, infatti, pur occupando solo il 2% della superficie del pianeta, sono responsabili di circa l’80% delle emissioni di Co2, poiché, come dimostrano i dati 2009 della Population Division del Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite, oltre la metà della popolazione umana vive in aree urbane: 3,4 miliardi di individui che potranno arrivare a 6,3 miliardi nel 2050.
In Italia il quadro non è molto diverso. Su una superficie pari al 3,3% del totale nazionale, infatti, risiede il 23,4% della popolazione.
Le città e gli agglomerati urbani rappresentano quindi, secondo l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) “il driver dello sviluppo economico”, ma questa crescita è spesso associata ad un eccessivo sfruttamento delle risorse e dell’ambiente, a degrado e congestione.
Puntando la lente di ingrandimento quindi sulla realtà delle nostre amministrazioni, secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), le città italiane hanno sempre meno verde pubblico e ogni giorno la sottrazione di suolo equivale a 100 ettari in meno. Nel 50% delle città italiane le aree verdi non superano il 5%. Soltanto in 8 città - spiega il report - il “verde” cittadino supera il 20%. Palermo è il comune con la maggiore “copertura” arborea (31,9%), seguito da Ravenna (29,9%), Ancona (28,1%) e Roma (27,5%). Tra le buone notizie il calo, nel 2009, del consumo di acqua pro-capite con punte virtuose a Prato (46 metri cubi/abitante), a Sassari (46,8), e Foggia (48,1). Sul versante traffico, va segnalata la diminuzione dei veicoli soprattutto al nord (a Milano meno 2,9 e a Roma meno 5,2%). Ma l’Italia sul fronte della mobilità sostenibile, è ancora molto lontana dal nord Europa. Per il fronte climatico, in calo le emissioni in atmosfera, scende la media di precipitazioni ma aumento in modo generalizzato la temperatura anche di un grado, per esempio, a Vicenza, Padova e Cagliari. Le città della Pianura Padana soffrono di mal d’aria per l’alto inquinamento atmosferico. Rimane alta anche l’attenzione per la produzione di rifiuti. Infine, anche il turismo è un fattore importante di pressione sull’ambiente dal momento che il numero di esercizi ricettivi (tra il 2006 e il 2009) nelle maggiori città è aumentato del 40%, ma soltanto dell’8% a livello nazionale.
Dall’altra parte, però, da registrare l’impegno emergente per l’obiettivo sostenibilità. E lo dimostrano i numeri.
In Italia, secondo l’ultimo rapporto di Legambiente sui comuni rinnovabili, ci sono oltre 200.000 impianti sparsi in 7.661 comuni, pari al 94% delle amministrazioni nel cui territorio sono presenti fonti “pulite”. Di questi, quasi 1.000 (964) riescono a essere autosufficienti per una produzione maggiore di energia elettrica rispetto a quanta ne viene consumata e 27 quelli che superano il proprio fabbisogno termico. Sul fronte rifiuti, secondo i dati dei comuni ricicloni, nei grandi centri è ancora bassa la percentuale di chi gestisce in maniera virtuosa l’immondizia urbana. In tutto sono 1.289 i comuni che possono fregiarsi del titolo di “ricicloni” 2011 per aver superato il 60% di raccolta differenziata.
Le città, ma soprattutto i piccoli comuni, sono in marcia, dunque. Il cammino però è lungo. Le buone pratiche attuate sia per l’energia che per i rifiuti dimostrano comunque che l’obiettivo sostenibilità è perseguibile e concretamente attuabile.
Da Eco-news
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