Di Davide Tomasello
Settembre, andiamo. È tempo di migrare – ma alla tradizionale transumanza s’è sostituita oggi quella di nuove greggi che dal mare tornano su in città e, quotidianamente fino alle soglie della maggiore età, si recano a scuola. Una scuola dilaniata dai tagli, che non soddisfa più nessuno, e che non sembra mai sufficiente a genitori e insegnanti e sempre superflua agli alunni – e agli odierni politici.
Eppure una soluzione alternativa a quella di sinistra (più obbligo di scuola pubblica) e a quella di destra (finanziamenti alle scuole private, cioè cattoliche) esiste da tempo, e venne teorizzata da Ivan Illich quarant’anni fa. Descolarizzare la società (Mimesis 2010, ma liberamente disponibile in rete) è il testo che ha reso popolare il concetto di ‘descolarizzazione’. Come molti di noi, anche Illich era convinto dell’importanza di estendere a tutti la scuola dell’obbligo, salvo poi comprendere che «per la maggior parte delle persone l’obbligo della frequenza scolastica è un impedimento al diritto di apprendere».
I motivi di tale disillusione sono molteplici. Anzitutto, nota Illich, si tende a confondere insegnamento e apprendimento: in tal modo non si concepisce altra forma di apprendimento oltre a quella scolastica, anzi si inorridisce al solo pensiero di potersi formare al di fuori della scuola; di più, essere istruiti diventa sinonimo di ‘possedere un diploma’. In secondo luogo, la scuola comporta una cultura del produrre più che del ‘fare’: abitua a consumare servizi ‘professionali’ e merci industriali, e pertanto è funzionale a una società illiberale, grazie al suo indottrinamento coatto che educa al consumismo. Per finire, dal mero punto di vista libertario, la scuola resta pur sempre un’imposizione che comporta la mancanza della libertà di imparare cosa e dove meglio si crede.
Immagino già le contestazioni, anche da parte di certi sedicenti anarchici: meglio ammaestrati dalla scuola pubblica (sì, statale!) che ignoranti e inermi nelle mani dei potenti. La risposta di Illich è esemplare: «dare a tutti eguali possibilità d’istruzione è un obiettivo auspicabile e raggiungibile, ma identificare questo obiettivo nella scolarizzazione obbligatoria è come confondere la salvezza eterna con la chiesa». Descolarizzare non significa foraggiare l’insipienza: significa togliere alla scuola il primato di agenzia formativa obbligatoria, capendo che essa è uno ‘pseudoservizio pubblico’ basato sul falso presupposto che l’apprendimento sia il risultato di un insegnamento programmatico (in realtà «la scuola, facendo abdicare gli uomini alla responsabilità del proprio sviluppo, ne conduce molti a una sorta di suicidio spirituale»). Inoltre «descolarizzare significa abolire il potere di una persona di costringere un’altra a partecipare a una riunione»!
A questo punto Illich propone delle alternative, immaginando delle ‘trame di possibilità’ – reti sociali che facciano sorgere delle ‘centrali delle capacità’ (in cui chiunque sia capace possa mettere a disposizione degli interessati le proprie abilità) e che favoriscano il cosiddetto ‘assortimento degli eguali’, ossia lo scambio di contatti proficui tra gente con gli stessi interessi e voglia di riunirsi per perseguire obiettivi simili. In ciò fu profetico: immaginava che simili reti potessero essere messe in piedi coi computer…
Per finire lascio ai perplessi l’ultima breve considerazione libertaria di Illich. «Dappertutto il programma occulto della scolarizzazione inizia il cittadino al mito dell’efficienza e benevolenza delle burocrazie guidate dalla conoscenza scientifica». Il laureato di oggi, che ieri sognava soltanto di entrare tra i ricchi, è lo schiavo dei potenti di domani.
(Recensione anarchica pubblicata, in forma estesa, nel numero 309 di Sicilia Libertaria).
Fonte:http://www.davidetomasello.it/2011/09/12/descolarizziamoci-tutti/
Fonte:http://www.davidetomasello.it/2011/09/12/descolarizziamoci-tutti/
La descolarizzazione, così come l'anarchia, sarebbero due situazioni auspicabili solo a patto di avere raggiunto una maturità intellettuale, una consapevolezza dello stare insieme, in altre parole, un grado evolutivo così alto, da permettere, individualmente, di perseguire decisioni che giovino al bene comune; perché al bene comune coincide il bene individuale.
RispondiEliminaOggi come oggi nessuna delle due ipotesi è perseguibile nell'ottica di un miglioramento sociale in quanto, a partire da chi manipola le masse, non c'è quel grado di maturità necessario di cui parlavo prima. Al momento, è ancora necessaria la scuola pubblica, nella quale, indubbiamente, può ancora esserci qualche germe che possa dare frutti che sono un'anticipazione, se pur debole, di una futura evoluzione a forme di pensiero più elevato; ma forse si parla di ere, ed al ritmo al quale ci stiamo avvicinando al precipizio, non potremo vederne le conseguenza positive.
P.S.
Mi sono permesso di postare il commento anche qua. Spero non ti dispiaccia.
Roby,innanzitutto grazie per il commento .Sono parzialmente d'accordo con te in generale,non condivido questo tuo passo :"oggi come oggi nessuna delle due ipotesi è perseguibile nell'ottica di un miglioramento sociale".Le due opzioni ,a mio parere,si possono perseguire attraverso un percorso "gradualista"(http://ita.anarchopedia.org/gradualismo_rivoluzionario).Per quanto riguarda la scuola pubblica come l'ha conosciamo questa potrebbe essere necessaria a patto di una radicale rivoluzione nell'insegnamento,con l'abbandono di metodi autoritari e conformisti(e anche gradualmente delle fondamenta della scuola moderna,voti,bocciature ecc che derivano dalla visione competitivistica della società capitalista)e l'adozione graduale di metodi "alternativi" come (ad es)la pedagogia libertaria.
RispondiEliminaPs:tu dici "Mi sono permesso di postare il commento anche qua. Spero non ti dispiaccia." Non mi dispiace per niente,anzi,ti ringrazio per il commento.Ciao
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