Di Daniela- Blog Drome
Ogni tanto mi domando se la fine del comunismo e della socialdemocrazia, ed ora anche della democrazia sia stata programmata a tavolino. Se si guarda all’Obiettivo posto dallaTrilaterale nel 1975 direi di si; loro parlavano di eliminare un ostacolo alla economia e questo ostacolo era la Democrazia.
E con la sparizione dell’URSS la cosa è andata ancora meglio per loro.
I popoli delle cosiddette aree democratiche si sono visti togliere piano piano e subdolamente i diritti alla base della Democrazia: come avere una corretta istruzione, avere una corretta salute e avere un lavoro senza divenire schiavi. In Italia non si votano più le persone ma i partiti e quindi è stato raggiunto un altro traguardo a quell’obiettivo.
Si aggiunga la manipolazione mediatica e del marketing sopra questa popolazione sempre più ignorante e impaurita e si arriva alla sfiducia nella politica al non credere di poter cambiare nulla.
Quante volte si sente “Tanto è sempre successo così?”
Eppure la storia dimostra che si può, i popoli possono, a condizione che tale fiducia ci sia, ma è difficile instillare tale convincimento se manca la Cultura.
Il periodo degli anni settanta fu un periodo animato da forti discussioni (anche tragiche come quella delle BR) ma di sostanziale partecipazione del Popolo allo Stato democratico. I referendum sul divorzio e sull'aborto videro un popolo italiano moderno e laico e nel 1984 (anche grazie all'onda emotiva della morte di Berlinguer stesso) si vide il PCI primo partito d'Italia.
Pasolini, ultimo grande intellettuale italiano, si accorse fin da allora della manipolazione mediatica e dell’abbassamento del livello culturale e lo disse così bene che probabilmente fu ucciso per quel motivo e non certo perché fosse gay.
A luglio molti hanno riportato l’intervista diEnrico Berlinguer a “La Repubblica” del 28 luglio 1981.
Non sono nostalgica né complottista, ma guardo la realtà come si presenta.
In Italia non c’è più un partito come era il vecchio PCI, un partito di massa autonomo, dai poteri forti, che difenda i deboli e che non si faccia fregare dall’avvento dell’Europeismo sfrenato. Oggi la sinistra, l'opposizione non ha più quei valori e nemmeno una identità ben precisa. Gli ideali come valori comuni quali la passione verso la giustizia e l'uguaglianza sono svaniti, e proprio in un momento in cui i popoli, martoriati e ignoranti come non mai sono ancora più inconsapevoli della loro schiavitù, soprattutto schiavi di idoli futili come le nuove tecnologie che ci fanno solo credere di essere liberi.
In quella intervista Berlinguer parlava di DEBITO PUBBLICO e di INFLAZIONE, concetti distillati dai principi neoliberisti e atti a far crollare l'idea di Stato.
Anche Berlinguer aveva dei difetti, ma se fosse vissuto avrebbe sicuramente contrastato il neoliberismo. Probabilmente parlava di debito pubblico e di inflazione per questioni di realismo politico, che però lui sapeva coniugare con la difesa dei ceti popolari.
Nel 1979 il PCI votò contro il Sistema Monetario Europeo, embrione del futuro Euro.
E Berlinguer morì mentre stava lottando con tutte le sue forze contro il decreto del governo Craxi che tagliava la scala mobile.
I suoi successori non seppero proseguire quella lotta.
Non a caso è grazie agli pseudieredi di Berlinguer (Prodi?) che siamo arrivati alla nefasta moneta unica, eliminando dallo Stato la sovranità monetaria.
I dirigenti del PCI e della CGIL affrontarono divisi il referendum sulla scala mobile del 1985. Per questa ragione, oltre al fatto che i lavoratori autonomi erano stati messi contro quelli dipendenti tramite la manovra Visentini dell' Autunno 1984 (che forse Berlinguer avrebbe saputo affrontare in modo diverso) quel referendum fu perso di misura. Quel 1984 fu davvero cruciale, perché subito dopo la morte di Berlinguer il governo Craxi diede le concessioni televisive a Berlusconi.
Poi il PCI fece la fine che fece.
Il problema è che già nel 1984 tutto dipendeva troppo da una singola persona, e quando ci si riduce così è facile per il potere prevalere. E quella persona morì.
Da quasi trentanni si sente solo avversione ai partiti, ma si dovrebbe avversi alle degenerazioni dei partiti, perché i partiti erano stati concepiti come organizzazioni che i popoli in democrazia usavano per migliorare le condizioni dello Stato.
Con quella avversione creata ad arte, e con la noncuranza di chi in quei partiti militava, ecco che siamo arrivati al capolinea, all’avversione cieca alla non comprensione della importanza di avere organizzazioni di cittadini.
La democrazia non può esistere senza regole e senza organismi. Altrimenti c'è solo l' arbitrio del più potente. In Islanda possono fare quello che fanno perché sono soltanto 320000 abitanti concentrati in tre piccole città .
Ma qui in Italia, con quasi sessanta milioni di abitanti non è possibile fare la rivoluzione senza partiti. E si deve cominciare a pensare di farla, anche partendo da ognuno di noi, partendo dal non avere più paura, dall’uscire di casa e frequentare e cominciare a parlare tra cittadini.
Da Blog Drome
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