I rappresentanti di un piccolissimo gruppo etnico nella regione siberiana dei monti Altai denunceranno il governo russo e l’ente spaziale Roskosmos per l’incidente che la settimana scorsa ha visto precipitare, pochi minuti dopo il lancio, la nave spaziale Progress M-12 insieme al razzo vettore Soyuz-U, dal quale non era riuscita a sganciarsi. Secondo la signora Maria Sakova, rappresentante del popolo Tubalar, la caduta ha provocato un aumento di radiazioni nel distretto di Choya dove quella comunità vive, nonché una dispersione di eptile (dimetil-idrazina) una sostanza tossica usata come propellente nei razzi.
Quel che è peggio è che non si è trattato di un incidente isolato: è la regola, infatti, che il razzo vettore Soyuz, terminata la spinta iniziale, vada a cadere e disintegrarsi nella zona in questione, dopo che la navicella Progress (o un altro carico destinato ad entrare in orbita) si è regolarmente sganciata. In questa occasione c’è stato molto clamore perché il mancato sgancio ha fatto precipitare anche il prezioso carico insieme al razzo vettore, ma i danni per la popolazione a terra in realtà si verificano con costanza a ogni lancio, soprattutto per la dispersione del propellente.
Già almeno due persone sono morte quest’anno, ha detto Sakova, per avvelenamento da eptile dopo aver raccolto del muschio nell’area dove di regola cadono i resti dei razzi disintegrati dal rientro nell’atmosfera. La comunità Tubalar (che parla una lingua distinta da quelle degli altri popoli della regione degli Altai) comprende appena 1500 persone, sparse in una serie di minuscoli villaggi tra le montagne: in questi giorni l’intera comunità si riunirà in assemblea per decidere come andare avanti nell’azione legale contro le autorità.
Secondo i responsabili di Roskosmos, non è possibile che le persone a terra subiscano avvelenamenti da eptile, in quanto il propellente che resta nei serbatoi dei razzi al momento della caduta è pochissimo e viene completamente bruciato nella disintegrazione del vettore.
Da il Manifesto
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