Oggi, due anni fa, si chiudeva su un letto di contenzione di un piccolo ospedale nel cuore del Cilento una storia tragica che aveva cominciato a essere scritta quarant’anni prima, trecentocinquanta chilometri più a sud. È la storia, collettiva, di un pugno di ribelli meridionali che hanno pagato tutto intero lo scotto di aver voluto consumare la loro vita in direzione ostinata e contraria. Ma sono pure le parabole, singolari e per ironia della sorte coincidenti, di ognuno di loro: Muki «la rossa», Gianni, Angelo, Franco, Luigi, Giovanni «il poeta dei giusti e dei folli», ancora Francesco «il maestro più alto del mondo».
Per provare a riannodarne il filo in un breve articolo che meriterebbe essere un romanzo non si può che partire dall’ultimo tassello. Meglio, dal giorno in cui un blitz congiunto di carabinieri e guardia costiera accerchia la spiaggia di San Mauro Cilento per accerchiare e catturare un uomo solo. È un maestro elementare di 58 anni, affettuosamente chiamato dai suoi alunni «il maestro più alto del mondo» per via del suo metro e novanta di altezza. Chi lo conosce lo descrive come una persona affatto violenta che si riscalda solo quando si parla di politica, le cartelle cliniche lo raccontano in maniera asettica come «aggressivo verbalmente», con una particolare avversione verso le forze dell’ordine aggiungono i bene informati. Nelle caserme di polizia e carabinieri è schedato come «noto anarchico» ed è segnalato a causa di una denuncia per resistenza aggravata dopo una multa per divieto di sosta, nel ’99. Una vicenda controversa, perché Francesco aveva a sua volta accusato gli agenti per arresto illegale, lesioni personali, abuso di autorità e calunnia, sostenendo di essere stato picchiato in caserma. Si tratta però, tutto sommato, di dettagli, o forse degli effetti collaterali di uno stigma che risale a trent’anni prima. In paese tutti conoscono la sua storia. Si tratta di una vicenda dolorosa e drammatica, che coinvolge due giovani anarchici di paese e appassiona migliaia di militanti dell’estrema sinistra in tutta Italia, e spinge un Dario Fo fresco di denuncia della «morte accidentale» dell’anarchico Pinelli volato da una finestra della questura di Milano a schierarsi in prima persona. (...)
Per provare a riannodarne il filo in un breve articolo che meriterebbe essere un romanzo non si può che partire dall’ultimo tassello. Meglio, dal giorno in cui un blitz congiunto di carabinieri e guardia costiera accerchia la spiaggia di San Mauro Cilento per accerchiare e catturare un uomo solo. È un maestro elementare di 58 anni, affettuosamente chiamato dai suoi alunni «il maestro più alto del mondo» per via del suo metro e novanta di altezza. Chi lo conosce lo descrive come una persona affatto violenta che si riscalda solo quando si parla di politica, le cartelle cliniche lo raccontano in maniera asettica come «aggressivo verbalmente», con una particolare avversione verso le forze dell’ordine aggiungono i bene informati. Nelle caserme di polizia e carabinieri è schedato come «noto anarchico» ed è segnalato a causa di una denuncia per resistenza aggravata dopo una multa per divieto di sosta, nel ’99. Una vicenda controversa, perché Francesco aveva a sua volta accusato gli agenti per arresto illegale, lesioni personali, abuso di autorità e calunnia, sostenendo di essere stato picchiato in caserma. Si tratta però, tutto sommato, di dettagli, o forse degli effetti collaterali di uno stigma che risale a trent’anni prima. In paese tutti conoscono la sua storia. Si tratta di una vicenda dolorosa e drammatica, che coinvolge due giovani anarchici di paese e appassiona migliaia di militanti dell’estrema sinistra in tutta Italia, e spinge un Dario Fo fresco di denuncia della «morte accidentale» dell’anarchico Pinelli volato da una finestra della questura di Milano a schierarsi in prima persona. (...)
Ieri, a Vallo della Lucania, è stato presentato il libro "Quando hanno aperto la cella. Stefano Cucchi e gli altri " di Luigi Manconi, dedicato a tutti quei casi di persone - come Stefano Cucchi e Francesco Mastrogiovanni - morti nelle mani dello Stato e in circostanze poco chiare. Il comitato "Verità e giustizia per Francesco Mastrogiovanni" sta andando avanti nella causa giudiziaria contro i medici e gli infermieri del reparto psichiatrico accusati di sequestro di persona, falso ideologico e morte come conseguenza di altro delitto.
Da Il Manifesto
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