«Uccidere la verità è parte integrante dell’agenda militare: la realtà viene capovolta e la menzogna diventa verità. E’ una dottrina inquisitoriale: il “consenso” della Nato ricorda l’Inquisizione spagnola». Parola di Michel Chossudovsky, accademico canadese e presidente di “Global Research”, osservatorio internazionale sulla globalizzazione e prestigiosa voce critica sulle crisi planetarie. Mentre i media raccontano che i “ribelli” avrebbero “liberato” Tripoli dalla dittatura di Gheddafi per instaurare la democrazia sotto la spinta popolare, Chossudovsky rivela che il piano, studiato a tavolino, non è che una tappa della nuova offensiva occidentale nella regione, basata sull’impiego massiccio di quelli che ieri erano presentati come acerrimi nemici: terroristi di Al Qaeda e miliziani della Jihad islamica.
«Spina dorsale» della “liberazione” della Libia, spiega Chossudovsky, sono stati i combattenti del Lifg, il “Libya Islamic Fighting Group”, creato in Afghanistan reclutando mujaheddin anti-Usa e fino a qualche anno fa sulla lista nera delle formazioni terroristiche. Miliziani ora riciclati in una nuova organizzazione battezzata “Islamic Movement for Change”. Come riferisce Mahdi Darius Nazemroaya, corrispondente di “Global Research” rimasto intrappolato nella capitale libica, a guidare la battaglia di Tripoli è stato Abdel Hakim Belhadj, noto anche come “Abu Abdullah al-Sadeq” e “Hakim al-Hasidi”. La stessa Cnn lo ha “riconosciuto” come il leader di «una delle più potenti brigate di ribelli», dimenticando però di sottolineare il ruolo della Nato: sia dal cielo, con una pioggia di bombe e di missili, sia sul terreno, dove l’Alleanza ha schierato il fiore delle proprie forze speciali.
«I nostri media, naturalmente, non ne hanno mai parlato apertamente: né del massacro compiuto dalla Nato, che sulla Libia ha sganciato 50.000 ordigni in oltre ottomila missioni aeree, né tantomeno del ruolo-chiave delle forze speciali impiegate sul terreno: mai documentate, identificate, fotograte, messe in prima pagina». Eppure, secondo “Global Research” e alcuni media indipendenti rimasti in prima linea a raccontare la guerra, i “ribelli”, «capeggiati da ex terroristi», sono stati guidati sugli obiettivi da Navy Seals americani, squadre Sas britanniche e unità francesi della Legione Straniera. Squadre “smash” di cui ha parlato la stampa inglese, che hanno prima individuato gli obiettivi sul terreno destinati ai raid aerei, ma poi hanno guidato all’attacco i “ribelli”, aiutandoli anche con incursioni di elicotteri Apache, di cui non si è parlato praticamente mai.
«I media occidentali – accusa Chossudovsky – costituiscono un fondamentale strumento bellico: i crimini di guerra commessi dallaNato sono stati ignorati e la resistenza popolare libica contro l’invasione non è stata neppure menzionata». Risultato: «Una narrazione della “liberazione” e della “opposizione democratica dei ribelli” è stata instillata nella coscienza di milioni di persone». E’ quello che “Global Research” chiama «il consenso Nato», per definizione “umanitario” e quindi estraneo a massacri di civili. Di qui la legittimazione internazionale del Cnt di Bengasi e ogni altra mossa necessaria a condurre a termine il piano, prestabilito da lungo tempo: sfrattare Gheddafi e occupare stabilmente la Libia, paese-chiave nello scacchiere (petrolifero e non solo) del Mediterraneo. Per fare ciò è stato necessario «sviare l’opinione pubblica, in modo che non capisse cosa stesse realmente accadendo in Libia».
Una nuova “democrazia” creata da terroristi? “Global Research” parla della “Jihad islamica della Nato”: è stata l’Alleanza Atlantica, scrive Chossudovsky, a reclutare leader di Al Qaeda e miliziani jihadisti, e non solo per l’operazione-Libia: «Ci sono indicazioni che la Nato, d’intesa con agenzie occidentali di intelligence e con il Mossad israeliano, stia coinvolgendo combattenti islamici». Fonti dell’intelligence di Israele, continua Chossudovsky, confermano che in diversi paesi musulmani la Nato sta addestrando una nuova generazione di jihadisti, ribattezzati “combattententi per la libertà”. I “Freedom Fighters” altro non sarebbero che mujaheddin, pronti per nuove campagne “umanitarie” dell’Occidente. Prossima tappa nella road-map atlantica: la Siria.
I tragici eventi dell’11 Settembre, conclude Chossudovsky, hanno giocato un ruolo-chiave nello sviluppo di una massiccia propaganda per giustificare la “guerra alterrorismo” contro Osama Bin Laden. Dieci anni dopo, ecco che la “narrazione” si è notevolmente sviluppata – la lotta dei “ribelli” contro il tiranno – mentre nessuno scrive che «fra Medio Oriente e Asia Centrale, l’Alleanza militare occidentale sta impiegando le brigate islamiche addestrate dalla Cia, dall’Mi6 e dal Mossad». Quello che la gente non sa, aggiunge “Global Research”, è che questi “ex terroristi” sono ora parte integrante delle operazioni militari Nato. E fino a quando i giornalisti continueranno a restare “embedded”, difficilmente qualcuno spiegherà sui mediacosa sta realmente accadendo attorno a noi.
Da Libre
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