Di Walter Giordano
A chi si ribella.
A chi sa che fra un po’ dentro la scatola dei diritti non ci sarà più niente.
A chi paga tasse che non bastano mai, perché gli evasori sono troppi e se la ridono.
A chi è salito sui tetti, perché per terra non lo cagava più nessuno.
A chi si oppone ai marchionni, casual di fuori e gerarchi dentro, che pretendono servi muti e striscianti.
A chi non vuole più altre ‘grandi opere’ perché gli bastano quelle già fatte: grandi solo di corruzione, scempio e debiti che lasciano a chi verrà.
A chi ha osato alzare la testa contro una dirigenza arrogante protetta da divise e lacrimogeni.
A chi pretende un orizzonte certo e invece la Gelmini gli propone solo un precariato surrogato.
A chi è stanco di raccogliere pomodori al prezzo degli schiavi,
A chi vuol smettere di stare in dieci in una casa per due.
A chi non sopporta più di aver paura di camorristi, polizia e ronde.
A chi inoltre è anche donna e quindi per lei tutto è anche peggio.
A chi non accetta di far carriera come ruffiano o puttana, o le due insieme che è ancora meglio.
A chi è incazzato perché ogni giorno gli rubano un po’ di vita e quindi, volendo, dovrebbe poter capire noi:
quelli a cui negano tutto.
Con la complicità passiva di una massa narcotizzata dalla TV e che non ammette di trovarsi già con un piede nel mattatoio dei vinti,
vi state avvicinando alla nostra normale condizione di vita.
Il secondino ogni giorno vi accorcia la catena,
riducendo la lunghezza che aveva ieri.
Di questo siamo esperti: a noi i diritti li hanno negati migliaia di anni fa e non ce li hanno mai più restituiti.
Da allora, complici le religioni, ripetono che non li abbiamo mai avuti,
che siamo a completa disposizione del genere umano.
Da allora viviamo sopraffatti, bastonati dai ricchi e dai poveri, dai generali e dai soldati.
Rappresentiamo l’allenamento umano alla repressione,
la forma primitiva di sfruttamento resa poi ‘normale’ da secoli di ripetizione.
Per migliaia di anni l’uomo ci ha massacrato per farsi la guerra,
ci ha frustato affinché trainassimo il suo progresso fasullo e ora continua a pagare il conto ammazzandoci.
Mentre giustamente urlate contro chi recinta il vostro futuro col filo spinato,
pensate ai miliardi di noi, bestie internate, che urlano e nessuno le vuol sentire.
Allo sfruttamento assoluto dei più deboli di tutti.
Non dimenticatevi dei senza tutto,
senza voce, senza sindacati, senza bandiere, fecondati a forza, costretti a nascere, a crescere orfani, castrati, sbeccati, ingabbiati, munti, spiumati, incatenati, venduti ed infine spellati e fatti a pezzi.
Per voi la prigione arriva dopo un processo, magari un processo che fa schifo,
ma per noi l’ergastolo arriva subito, senza appello, appena nati.
Per voi la pena di morte non c’è, nemmeno per chi brucia operai o fotte bambini e poi li sotterra: per noi esiste in tutti i paesi, anche nei più civili.
Per voi l’aspettativa di vita è tale da mettere in discussione le pensioni: per noi la vita normalmente è ridotta a un decimo e per come ci trattano gli allevatori è meglio così.
Su di voi le terapie si accaniscono anche quando siete ridotti a larve: a noi ci ammazzano giovanissimi e in piena salute.
Per voi lavorare può essere anche pericoloso: per noi è sempre fatale.
Per voi le morti sul lavoro sono una vergognosa percentuale che deve essere ridotta: a noi ci ammazzano tutti.
Per noi il lavoro è morire.
Quando urlate a chi vi rinchiude o vi bastona:
‘Non siamo animali, non potete trattarci così’, implicitamente ammettete che possano farlo a noi, consci che sfruttamento e prigione sono esercizi esclusivamente umani.
Nessuna bestia pianifica la nascita, la reclusione e la morte di un’altra specie.
E tutto ciò avviene non per questione di vita o di morte, di chi ci mangia o ci strappa la pelliccia, ma per il lucro cospicuo di chi alleva e commercia, e per il gusto o la vanità di chi compra.
E, paradossalmente, tutto avviene anche col contributo di quegli oppressi che, preoccupati esclusivamente della propria difesa, contestano gli oppressori continuando, tranquilli e con cieca incoerenza, a divorare altri oppressi ridotti in polpette.
Siamo condannati a morte per il disinteresse globale di padroni e servi e per soddisfare lucro e palato.
E per ingrassare l’attitudine al non pensare.
Forse non ve ne rendete conto, ma noi, da sempre, vi siamo molto vicini.
Se aprite il vostro frigorifero noi siamo lì, nell’unico posto in cui troviamo pace.
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