Giornalismo è diffondere quel che qualcuno non vuole che si sappia, il resto è propaganda.
(Horacio Verbitsky)
Di Pino Cabras - Megachip.
Sul tema “11 settembre” per dieci anni la RAI ha avuto un grande assente, il giornalismo. La trasmissione di Giovanni Minoli “La storia siamo noi” del 25 agosto 2011 ha riportato il giornalismo nella fascia dei grandi ascolti, sottraendolo al ghetto del satellite: un giornalismo che pone tutte le domande e le questioni su questa materia che - per gran parte degli eredi di quel mestiere - sono un tabù invalicabile. Vediamo in questi giorni, durante la guerra di Libia, quanto estesa, acritica e disinvolta sia l’accettazione delle veline fornite dagli uffici che propagandano la guerra.
E notiamo quanto faticosa sia l’opera di pochi giornalisti nel contrastare le bugie e la fiumana di propaganda.
Non è un caso che si sia arrivati a questo punto. Le versioni finora considerate accettabili dall’establishment in merito ai fatti legati all’11 settembre hanno costruito un vero paradigma di antigiornalismo, una potente mitografia in cui il mainstream occidentale nel suo insieme ha agito come una sorta di blocco unico che nemmeno contemplava standard difformi, perché si blindava il linguaggio, la possibilità di esprimere concetti diversi, la capacità di cercare i nessi degli eventi: era un pensiero unico integrato con il messaggio unico.
Chi usciva da quello schema cercava quei nessi, trovava i fatti, e non poteva far altro che notare clamorose incongruenze in seno al mito ufficiale. Facendo le domande sgradite al potere si arriva a trovare una diversa correlazione fra i fatti. Per anni i film Inganno globale, Loose Change, Zero e altre opere che hanno fatto quelle domande hanno dovuto reggere all’urto di una campagna di attacchi molto scorretti di una minoranza di mitografi delle versioni ufficiali, laddove la maggioranza dei giornalisti si adagiava passivamente sulla corrente del mito.
La redazione di “La storia siamo noi” ha fatto una scelta fra giornalismo e mito. Ha preferito il primo.
Il documentario ripercorre lo stesso terreno delle inchieste di chi non era preso dall’esigenza di confermare la propaganda di governo. Facendo a meno della propaganda dei mitografi delle assurde versioni ufficiali - gravata com’è da una montagna di bugie, manipolazioni e omissioni, per non parlar degli insulti - Minoli ha fatto a meno di una fuffa giornalisticamente inservibile. Il risultato è un’ottima trasmissione, di cui raccomandiamo la visione.
Link alla trasmissione: www.rai.tv.
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