Niente immondizia, nessuna emissione di anidride carbonica, niente macchina o aereo, niente tossine nell’acqua, niente carta igienica. È possibile vivere un anno a 'impatto zero' nel cuore di New York? 'No impact man', il docureality che ha spopolato sui media internazionali, arriva anche in Italia per raccontare la storia della famiglia Beavan e del suo esperimento di "vita a impatto zero".
di Redazione - 27 Luglio 2011
È possibile vivere un anno a 'impatto zero' nel cuore di New York?
No Impact Man. Dal titolo sembra la storia di un uomo solitario e della sua impresa, invece è il video-racconto del tentativo di un’intera famiglia di ridurre al minimo il proprio impatto ambientale provando a vivere un anno a ‘impatto zero’. Colin Beavan, giornalista ambientale, sua moglie Michelle Conlin, senior writer presso ilBusinessWeek, e la loro piccola Isabella in età da pannolino sono i protagonisti di questa storia che si svolge nel cuore di Manhattan, a New York, luogo tutt’altro che ‘poco impattante’.
L’idea è semplice, spiega Colin Beavan all’inizio del docureality che ha spopolato sui media internazionali nel 2009 ed è arrivato in Italia a luglio in dvd, dopo aver riflettuto a lungo sulle conseguenze planetarie climatiche e ambientali delle nostre piccolescelte quotidiane: niente immondizia, nessuna emissione di anidride carbonica, niente macchina o aereo, niente tossine nell’acqua, niente carta igienica. “Non useremo detergenti per la biancheria, non acquisteremo cibo che provenga da terre più lontane di 250 miglia, per non parlare di ascensori, metropolitane, prodotti impacchettati. Quindi niente plastica, niente aria condizionata, televisione, carta. Questo in qualche modo è il riassunto del progetto” spiega Beavan.
I propositi della famiglia Beavan sembrano essere sinceri: cercare di capire se è possibile vivere in modo dignitoso “senza tutto questo spreco"
Un progetto che se intrapreso dal nono piano di un grattacielo, come è avvenuto per Colin e Michelle, in una delle metropoli più popolate del pianeta, ha tutta l’aria di potersi presto trasformare in una mission impossible. Ma i propositi della coppia sembrano essere sinceri: cercare di capire se è possibile vivere in modo dignitoso “senza tutto questo spreco”.
Sul banco degli imputati c’è la cultura dell’usa e getta, il mondo del ‘monouso’ di cui l’immaginario di stampo nordamericano si è fatto portatore, ed esportatore, negli ultimi sessant’anni: “la cultura del buttare via già di per sé è un grandissimo problema – dice Colin Beavan – a dire il vero, forse possiamo prendere le distanze da qualunque cosa che si butta via”.
L’esperienza della famiglia Beavan, iniziata nel 2006, si rivelerà tutt’altro che idilliaca e priva di ostacoli nel cambiamento radicaledi stile di vita a partire da trasporti, alimentazione, consumi energetici, passando per pannolini lavabili e detersivi biologici. Sarà proprio Michelle, quarantenne in carriera appassionata di shopping e caffè, a fungere da divertente controparte per il corso di tutta l’avventura che condurrà i protagonisti a una fondamentale consapevolezza: vivere a impatto zero non è possibile, ridurre l'impatto è non solo possibile ma estremamente necessario.
Vivere a impatto zero non è possibile, ridurre l'impatto è non solo possibile ma estremamente necessario
L'happy end non poteva mancare nel racconto serrato dell'esperienza del piccolo nucleo familiare newyorkese che riscopre tempi lenti, cibi locali, luci soffuse, e il piacere di parlare con gli amici a televisione spenta.
La storia della famiglia Beavan – secondo molti costruita a tavolino come le migliori operazioni di autopromozione, e che poi ha preso la forma di un libro (tradotto in Italia dalle edizioni Cairo nel 2010) e di un film (distribuito in Italia dalla giovane casa video-editrice Macroticonzero) – oltre a ispirare molte persone sull'intraprendere abitudini di consumo differenti ha avuto un seguito soprattutto con il progetto di Beavan che coinvolge costantemente Università, associazioni e persone che vogliono ridurre al minimo il proprio impatto sull’ambiente.
L’esperienza della famiglia Beavan, iniziata nel 2006, si rivelerà tutt’altro che idilliaca e priva di ostacoli, ma il finale è senz'altro lieto
Nella versione italiana insieme al documentario, selezionato al Sundance Film Festival 2009, anche il libro di 36 pagine curato da Daniel Tarozzi, Riduco la mia impronta e sono più felice, che raccoglie una serie di interviste a rappresentanti di realtà italiane che sperimentano e promuovono quotidianamente la riduzione dell’impatto. Tra queste: Claudia Selvetti (blogger 'a impatto zero'), Grazia Cacciola (esperta di agricivismo ed ecosostenibilità) e Alessio Ciacci (assessore all’ambiente di Capannori, primo comune in Italia ad aver aderito alla strategia Rifiuti Zero al 2020).
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